Traduzioni italiane Ph. Boudon

Pessac dal 1927 al 1967: umanizzazzione du un’architettura?

Il presente articolo concerne un rione costruito nel 1925 da Le Corbusier a Pessac presso Bordeaux. Le alterazioni e trasformazioni fatte in quarantanni escono senz'altro dal quadro dei restauri abituali. Ci si può quindi chiedere se è subentrato un vero e proprio conflitto fra le intenzioni dell'architetto e le reazioni del'utente, in altre parole fra la vita e l'architettura. Le Corbusier diceva a proposito diPessac: « Sapete, è sempre la vita che ha ragione e l'architetto che ha torto ». Pessac rappresenta un problema d'umanismo.

Il rione fu criticato fin da principio e chiamato ironicamente « la città del Marocco », « il quartiere del sultano », « i pezzi di zucchero Frugès » (allusione all’accomanditario Sig. Frugès, raffinatore di zucchero). Le autorità rifiutarono

LuCÌO

Costa

l'acqua durante vari anni. È chiaro che tale situazione non facilitò la vendita delle case e che i primi occupanti appartenevano al ceto sociale più basso. Le abitazioni furono neglettee tutto ciò contribuì alla cattiva fama del rione.

Eppure, il concetto architetturale non era cattivo.

Le finestre più larghe che alte, i tetti a terrazzo, il « piano libero » e la « facciata libera » hanno permesso agli inquilini di adattare gli appartamenti alle loro idee. Le case sono dunque trasformabili e non si può parlare di uno stile unico.

Inoltre, le funzioni non sono distribuite in modo assoluto. Per esempio, il locale chiamato da Le Corbusier « parlatorio » può diventare un’entrata, un ufficio, una camera o un salotto, le autorimesse sono state talvolta trasformate in camere, cucine, botteghe di artigiani, ecc.

Pessac è senza dubbio un compromesso fra l'idea di Frugès di creare case « strettamente individuali » e quella di Le Corbusier, il quale pensava nel 1925 a « edifici-ville », dove dominava un concetto collettivo.

Cosa strana, le case che sono state alterate sono proprio quelle che erano state costruite in modo più individuale. I cambiamenti non furono quindi una reazione contro la standardizzazzione, ma tradussero piuttosto la coscienza di un’individualità che gli abitanti trovarono attraverso la standardizzazione. In questo Pessac è una riuscita, Le Corbusier invece lo considerò come una sconfitta e ne trasse certe conclusioni che lo influenzarono in seguito.

Grande al sud e Pernambuco al nord e ai lati di queste due grandi arterie già la vita si sviluppa e diverse attività si articolano. I suoi abitanti si adattano al nuovo stile di vita suggerito e i bambini sono felici. Anche coloro che vivono alla periferia, ossia in quelle condizioni anormali caratteristiche nel Brasile e che non è stato possibile evitare, stanno meglio diprima. L’architettura spogliata e un po’ astratta non urta la vita soprattutto privata e amministrativa e lo spostamento della capitale la ha in certo qual modo sotratta alle crisi politiche.

Senza dubbio, l’ultima delle tre tappe previste (collettiva o monumentale, residenziale e gregaria) non è ancora stata realizzata, ma due gruppi d'edifici sono già previsti (uffici per attività liberali, caffè ristoranti, teatri, cinema, « boîtes», ecc.).

Urbanizzare significa normalmente costruire città che si adattino al paesaggio. A Brasilia invece trattavasi di prendere possesso del luogo e di imporgli una città, come lo fecero Luigi XIV o i Conquistadores. La città ha creato il paesaggio.

umaniste significa tentare di cristallizzare i principi di un’organizzazione degli spazi tale che l’uomo vi trovi una risposta alle sue aspirazioni più legittime.

Ciò che chiamiamo « la scala umana » è materia da controversa. Infatti, la scala ha cambiato.

L'uomo del secolo XX, abituato a spostarsi rapidamente sul suolo e nel cielo, ha preso l'abitudine di una percezione di spazi e di volumi più grandi. Occorre quindi assolutamente adattarsi a un’altra scala.

Però, parlando di un'architettura umanista, ci si può chiedere quale è il tipo d'uomo per il quale occorre creare un quadro propizio al suo pieno sviluppo. Sappiamo che è sempre più

difficile di definire l’uomo odierno e ancor più arduo di prevedere la sua evoluzione. Si è detto che esistono e esisteranno sempre elementi costanti nei rapporti fra l’uomo e il suo alloggio.

Queste costanti sarebbero profondamente ataviche (il complesso della caverna o quello uterino, per esempio). Si è affermato che la cellola familiare continua ad essere una base quasi inamovibile e che alcuni concetti tradizionali dell’allggio delle masse sarebbero quindi più « umanisti ».

Tutto ciò è parzialmente vero, ma per poco tempo ancora. Assistiamo infatti a mutazioni del genere umano, che rimettono in ballo i principi apparentemente definitivi. Tuttavia, in questo campo manchiamo di dati scientifici.

radicale trasformazione dei metodi di insegnamento universitario.

2. Ogni generazione di architetti porta impresso l'anno di laurea. Salvo le eccezioni — coloro che si avviano divenire i futuri Maestri — la grande massa dei professionisti, che dà il volto architettonico ad un paese, riflette sempre l’insegnamento diretto. L'aggiornamento stilistico, fatto sfogliando rapidamente le riviste di architettura, é un fatto epidermico: la cultura di base rimane quella appresa nelle università. Se é assai difficile conoscere la mano di un autore, é però altrettanto facile riconoscere « la Scuola », gli anni in cui é stata frequentata, e chi vi insegnava.

Nella Repubblica Federale Tedesca, per esempio, l'insegnamento degli architetti rigorosamente razionalisti come Eiermann, Kramer e Oesterlen ha portato alla più larga diffusione del linguaggio razionalista, codificato in una tecnologia ed in una morfologia pressoché standard. Mentre i rari allievi di Max Taut e di Scharoun, come W. Rausch e Chen-Kuen-Lee, perseguono vie completamente differenti.

In Italia non si é avuto in questo dopoguerra un così totale e improvviso rovesciamento di posizioni. La generazione degli architetti

razionalisti ha sostituito gradualmente quella dei vecchi accademici senza clamorose rotture.

Inoltre, i razionalisti della prima generazione erano scomparsi tragicamente in guerra o nei lager nazisti, come G. Pagano, G. Terragni e G. Banfi, o sono morti troppo presto, come A. Libera. Altri architetti, dal temperamento più inquieto e problematico, hanno posto in crisi da loro stessi il linguaggio razionalista, innestando sul tronco originario componenti organiche (C. Scarpa, I. Gardella), neorealiste (M.

Ridolfi) e persino espressioniste (G. Michelucci) . Il contemporaneo risveglio degli studi di storia dell'architettura, specialmente ad opera di S. Bettini, G. C. Argon, R. Pane, B. Zevi e C. L. Ragghiami, ha contribuito alla diffusione della cultura architettonica, sia attraverso l’insegnamento universitario che mediante la formazione di un ampia letteratura critica sull'architettura moderna.

3. Da questo schematico cenno sembrerebbe che l’Italia dovesse trovarsi in una situazione invidiabile, ed in grado di produrre della buona architettura. In realtà, purtroppo, ciò non avviene affatto: la prova più recente si é avuta al recentissimo concorso nazionale per la nuova

L’urbanista difende la sua capitale

Brasilia non è un gesto gratuito di vanità personale o politica, ma il compimento di un grande sforzo collettivo, lo stesso che mira allo sviluppo dell’industria siderurgica, idroelettrica, petrochimica, ecc. A mille metri di altitudine e a mille chilometri da Rio, i Brasiliani hanno costruito in tre armi la loro nuova capitale.

E’naturale che Brasilia abbia i suoi problemi, che sono in fondo quelli del paese stesso. Però esiste da sette anni, malgrado cinque cambiamenti di presidenti della repubblica e una diecina di prefetti successivi. È accessibile per autostrada dai due punti estremi del paese, Rio

Alexandre Persitz

Architettura e umanismo

L’architettura umanista presuppone una filosofia che comandi, spieghi e giustifichi l'opera, i concetti spaziali e tolga loro la gratuità del gesto di pura estetica. Però, l’umanismo che anima qualche visionario — Tony Garnier, Wright, Le Corbusier — è un’astrazione che non esiste, nel momento in cui questi costruttori concepiscono il progetto nè negli usi nè nei mezzi d’azione. Ciascuno di questi tre architetti ha tentato di realizzare da solo una sintesi globale.

Le Corbusier ha capito per primo che tale compito sorpassa le forze di un uomo solo e che nessun cervello, anche geniale, è capace di dominare al giorno d'oggi il fenomeno « Città ».

Voler definire un'architettura e un’urbanistica

Giovanni Klaus-Koenig

Architettura e umanismo

1. La mancanza di una coscienza umanistica, come conseguenza di un dijfetto di cultura generale da parte degli architetti, é un fenomeno assai diffuso nei paesi dove la formazione dell’architetto avviene attraverso le T. H., oppure nelle Accademie di Belle Arti, ambedue angolate didatticamente alle estremità opposte dell’insegnamento dell’architettura. La fusione di questi due tipi di Scuole, avvenuta in Italia attorno al 1930, ha posto per molti anni le facoltà di architettura italiane in una situazione didattica invidiabile. Adagiandosi beatamente su questa situazione, i nodi son venuti al pettine tutti assieme, in una crisi dell'insegnamento che é oggi totale e senza precedenti.

Gioverà quindi al lettore se riassumiamo brevemente la crisi italiana — e l'architettura che ne consegue —, onde mettere sull'avviso chi ancora si illudesse di risolvere la questione sommando indiscriminatamente gli insegnamenti tecnici delle T. H. con quelli artistici, come é avvenuto in Italia. Questo procedere per aggiunte successive ha da tempo raggiunto il plafond massimo: non épensabile di aggiungere ancora 20 materie alle attuali 37 che si insegnano oggi in Italia. Occorre procedere ad una

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sede degli uffici della Camera dei Deputati a Roma. In questo concorso (nel quale ho avuto l'onore di far parte della commissione giudicatrice, assieme a Nervi ed a Michelacci), che si è concluso con un nulla di fatto — nessuno dei premi é stato assegnato — si é potuta fare una sezione sincronica sul panorama architettonico italiano, dato che quasi tutti gli architetti di un certo livello vi avevano partecipato. E se ne son viste di tutte: dagli archi e te colonne dei vecchi accademici ancora viventi agli informali, dai pop-artisti ai razionalisti integrali, dai costruttivisti agli organici, dagli espressionisti agli strutturalisti puri, dai neobarocchi ad i neoliberty.

Tutte le tendenze erano egualmente rappresentate, senza alcun deciso predominio; ma in questa enorme latitudine stilistica e tipologica nessun progetto é resultato pienamente convincente. Ed é interessante osservare come i progetti più interessanti fossero quelli di architetti che sono anche professori di storia dell'architettura, come P. Portoghesi.

In conclusione, i migliori progetti di questo impegnativo concorso erano progetti colti, pieni di citazioni, di ricorsi alla memoria, tutt'altro che irriflessivi; ma egualmente privi di quella folgorante forza intuitiva della « forma giusta » che caratterizzava la « ricerca paziente » di Le Corbusier nell’ospedale di Venezia.

4. Ad un recente convegno della rivista « Casabella », l'arch. F. Borsi ha osservato, in una sua interessante relazione sul ruolo attuale delle riviste, che l’architettura di ogni secolo, giunta agli anni settanta, si sofferma quasi a voler fare un primo bilancio. È la condizione dei manieristi fiorentini del 1570 e degli eclettici di Napoleone III0 e della Terza Repubblica. Il fatale momento in cui tutte le esperienze del secolo, dall'ordine diacronico in cui si erano presentate, si trovano in una momentanea sincronia; così come un impreveduto ostacolo, sbarrando all’improvviso una caccia alla volpe, fa in modo che tutti i cavalieri, dapprima scalati nella corsa, si ritrovano in gruppo.

Ed é appunto da questo provvisorio coagulo che nascono, senza che se ne abbia precisa coscienza,

Dom Angelico Surchamp

a

di cosa superflua, gratuita. Ecco perchè le sculture vanno a finire nei giardini pubblici.

L’architettura è stata essa pure toccata da questo concetto estetico e le è sembrato che per farsi perdonare di servire l’uomo doveva ornarsi di facciate e di altre decorazioni inutili.

È vero che una reazione è venuta con il funzionalismo. Benissimo, però il funzionalismo non deve essere soltanto materiale. Non occorre soltanto che la famiglia possa preparare i pasti in una cucina, dormire in una camera da letto e guardare la televisione in salotto, ma anche che i suoi membri siano felici nel quadro imposto.

Ecco l'essenziale.

farvi vivere gli animali in condizioni vicine della realtà (l'epoca delle gabbie è sormontata), poi vi si erigono vere e proprie cliniche per guarirli se si ammalano e infine si osservano e si studiano pazientemente le loro reazioni per imparare a conoscerli meglio.

Non si può affermare che si faccia altrettanto in certi rioni popolari di città di mia conoscenza.

L’architettura è più importante del viaggio verso la Luna. Eppure, quanti studi, quali mezzi sono

dedicati alla costruzione di una navicella spaziale e con quale superficialità si esamina il problema di una classe di scuola, per esempio. Molto ingiustamente, lo straordinario ci tocca più dell'ordinario, del quotidiano. L’equilibrio della navicella spaziale occupa pagine intere di grandi giornali e riviste, mentre nessuno scrive sul problema posto dall’autobus del mattino, che scuote i passeggeri ad ogni curva, in modo che il loro senso dell’equilibro ne è perturbato all’uscita.

Un certo umanismo di un certo interiore

Soffi Teshigahara, gran maestro della decorazione floreale (Sogetsu), scultore e pittore, spiega il senso dell’architettura giapponese d’interni.

Secondo lui, T « interno » giapponese è diventato troppo europeo e deve ritornare alle origini.

« Quando il poeta Tagore venne in Giappone, gli mostrai l’interno delle case giapponesi.

S’interessò anzitutto al « Tokonoma », cuore

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l'essere umano cerca l'antidoto da sè stesso, quasi incoscientemente. Ogni sabato la gente fugge verso la campagna. Quelli che ne hanno i mezzi vi costruiscono o vi comprano anzi una casa e la trasformano dandole il carattere più personale possibile.

Giovanni Crisostomo (354-407) scriveva già « L'agricoltura è la prima delle arti, la tessitura la seconda, l'architettura la terza e la calzoleria l’ultima di tutte. » In altre parole, nutrirsi, vestirsi, costruirsi un tetto e infine fabbricarsi delle scarpe. Ecco dunque le arti veramente utili. Disgraziatamente, noi siamo stati abituati proprio nel senso contrario: il bello, dice il filosofo Alain, si distingue per il suo carattere

che prezzo?

Il carovita è un soggetto di conversazione attuale.

Ciascuno emette la propria opinione sulle cose utili o inutili che si dovrebbe o non si dovrebbe fare. Per esempio, se tutti sono d'accordo sulla necessità di costruire cliniche e ospedali, molti pensano che un giardino zoologico è un lusso che un paese che ha altri problemi urgenti non può offrirsi. Queste persone credono essere realiste. Eppure, un giardino zoologico è proprio una scuola di realismo. Anzitutto, si cerca di

Sofu Teshigahara

guardano, copiano e diffondono a loro volta delle parole del linguaggio architettonico senza comprendere appieno il loro significato originario, operando così una trasposizione semantica che accederà il consumo delle immagini così devitalizzate.

È questo il maggior pericolo dei momenti di attesa, ed é in questi momenti che l’operare critico diviene fondamentale, in quanto storia e critica, passato e presente, vengono a riavvicinarsi ed a fondersi in un'unica attività. Da qui deriva la fondamentale importanza delle riviste, dei dibattiti, dei convegni internazionali di studio, ed é forse il momento adatto per eliminare l’assurda divisione attuale fra gli architetti che si occupano di storia, di critica e di ricerche tipologiche, e quelli che si definiscono « compositori ». Divisione assurda, nata nella seconda metà dell' Ottocento nelle Accademie di Belle Arti; come se ambedue potessero lavorare ignorandosi a vicenda, l'uno intento a scavare fondazioni sempre più fonde, e l’altro affaccendato a metter su muri senz'alcun fondamento.

Il superamento di queste due categorie, ottenuto certamente attraverso un lavoro di gruppo e non con la creazione di personalità polivalenti, sarà forse l'impegno principale che i prossimi vent’anni attendono da noialtri, cultori di architettura.

Giovami Klaus König, nato a Torino nel 1924.

Architetto, allievo di G. Michelacci. Professore di ruolo di « Caratteri distributivi dell’architettura» nell'Università di Venezia. Professore incaricato di « Storia dell’arte, storia e stili dell’architettura» nell'Università di Firenze.

Professore di « Estetica » all corso di Industriai Design presso l’Istituto d’Arte di Firenze.

Ha scritto, fra l’altro, i seguenti libri: « L’invecchiamento dell’architettura moderna, ed altre dodici note » (LEF', Firenze, 2a ed. 1967) ; « Analisi del linguaggio architettonico » (LEF; 1964); «Architettura tedesca del secondo dopoguerra » ( Cappelli, Bologna, 1965) ; « L’architettura dell’espressionismo » parte //a (Vitali & Ghianda, Genova, 1967).

Vive in una casa colonica sulle colline fiorentine.

Un’architettura per l’uomo

Viviamo in un'epoca nella quale la tecnica rischia di fare dell'uomo uno schiavo. Non è quindi sorprendente che l'architettura sia spesso inumana. Eppure, le esigenze tecniche, sempre più numerose nel campo della costruzione, non dovrebbero fare dimenticare l’essenziale. Le Corbusier ebbe una parola infelice quando disse «macchina da abitare». Il suo pensiero fu d’altronde tradito da questi vocaboli.

Il fatto che la nostra epoca perde progressivamente il senso dei valori essenziali è dovuto anche alla sparizione delta nozione di « casa » nel senso di « focolare ». Senza casa non c’è famiglia e senza famiglia non c'è più un vero uomo. Questa constatazione è tanto vera che

Richard Neutra

le nuove spinte. Chi avesse chiesto a Buontalenti od all’Ammannati dove diavolo stessero portando l’architettura del Rinascimento, non avrebbe certamente potuto udire quella risposta che a noi sembra così chiara: « Ma, diamine!, verso il barocco!» Eppure, erano ad un passo dall’arrivarvi; ma non lo sapevano. E Buontalenti, mentre si spingeva, nel coro di Santa Trinità, verso le più fantastiche arditezze formali era anche contemporaneamente tentato da un impossibile revival brunelleschiano; e portava avanti, nella villa di Artimino, lo stile lineare e « stiacciato » di Michelozzo. E proprio da queste oscillazioni, da volersi spingere nella ricerca avanti ed indietro nello stesso tempo, che nasce l’etichetta di « manierista »; che giustamente ci appare oggi non un sinonimo di fertile ma incontrollata fantasia, bensì di sofferta maturità critica.

5. Ebbene, io non vedo niente di male se noi ci riconosciamo in questa situazione, che non ha in sé niente dì negativo. Bisogna però aggiungere che la nostra condizione é molto più complessa delle precedenti: la crisi manierista del 1570 era una faccenda italiana, quella eclettica era una crisi europea, quella odierna é una crisi mondiale; o meglio: una serie di crisi non omogenee, in forte décalage se non addirittura in contraddizione Tuna con l’altra. Negli anni 1955-1960, mentre l’architettura italiana tentava il recupero del liberty l'America era tentata dal neoclassicismo decorativo; e mentre il Giappone scopriva il cemento armato e brutalizzava la tradizionale morfologia derivata dall’uso del legno, il muro di Berlino drammatizzava la città e rendeva vitali le proposte espressioniste di Scharoun, fino ad allora inascoltate e sepolte nella tranquillità della civilità di consumi.

Le immagini architettoniche circolano oggi con rapidità estrema e con eguale rapidità si consumano. Ma purtroppo non circolano con eguale intensità le idee crìtiche che ne sono il sostegno ideologico, ed il rapporto semantico fra i segni architettonici ed i loro significati si fa ogni giorno più labile ed incerto. Gli architetti

delle nostre abitazioni, e mi disse « ecco il cuore del Giappone ». Ebbene, il « Tokonoma » non fà più parte delle vita quotidiana. Le illustrazioni che accompagnano questo articolo sono fotografie di una casa visitata da Tagore, quella del barone Shibusawa. Nel Tokonoma, si vede benissimo che Tunica decorazione consiste in un Tatami ( tappeto cambiato generalmente ogni

anno), un Kakimono e dei fiori, nonché un cuscino per sedersi e un portacenere... nel quale brucia l’incenso. Tagore disse « Qui conosco il cuore della beltà che non esiste altrove ». Questa composizione giapponese non è il vero « nulla ».

Trattasi al contrario di sorpassare il « tutto ».

Ciascuno sa che è facile cercare di raggiungere il completo, ma difficile restare in un certo nulla. »

Kunio Mayekawa

L’umanismo e l’architettura

Il problema posto dal rapporto fra umanismo e architettura preoccupa assai gli architetti contemporanei. Io ragiono invece come uomo d'Estremo Oriente e penso che l'umanismo, come è stato concepito dagli occidentali, non può rivelarci la salvezza. È infatti figlio del pensiero europeo — culla della civiltà occidentale accompagnata da tutte le calamità del mondo moderno—e non riuscirà mai a uscire efficacemente dal circolo vizioso nel quale si è posto.

Dr P.-C. Racamier

Le opere architetturali riuscite celebrano tutte lo stesso accordo fra la necessità funzionale, le risorse tecniche e i bisogni psicologici. Rileviamo che i due primi fattori hanno cambiato, col tempo, molto più radicalmente che il terzo.

Quando gli architetti concepiscono un edificio sotto l’unico aspetto utilitario, ciò che fanno spesso, si sbagliano, poiché dimenticano i bisogni psicologici. Possiamo però capirli, dato che si tratta delle necessità che l’uomo conosce meno.

Gli psicanalisti, tendando di scoprire che cosa sono e che cosa desiderano i loro pazienti, constatano spesso che dei bisogni psicologici importanti cercano soddisfazione nell’alloggio, la casa, dunque l'edificio.

Senza dubbio, ignoriamo ancora molto delle leggi che regolano la psicologia degli spazi abitabili. Sappiamo, per esempio, che la casa è universalmente presa quale simbolo del grembo materno. Ecco anche perchè i muri dovrebbero essere « involucri ». Non dimentichiamo che ognuno ha il senso del proprio spazio, nel quale include i suoi vestiti e, se è automobilista, la sua vettura. I muri entro i quali si abita formano un altro involucro del proprio spazio.

Per quale ragione credete che l’uomo è stato sempre spinto a scrivere il suo nome o a raccontare storie o a disegnare immagini sulle mura che gli stanno attorno, che esse siano di caverne, chiese, palazzi o casupole? Semplicemente perchè in un modo o nell’altro queste mura funzionano come uno specchio. L'animazione « estetica » dei luoghi di lavoro (colori funzionali, ecc.) corrisponde alla necessità predescritta.

La ricerca moderna ha confermato il valore di un registro mentale determinato, quello dell'immaginario, del fantasmagorico, di tutta quell’attività sotterranea insomma di cui il sogno è una delle forme. Sappiamo che qualunque essere umano che si trovasse privato di questo indispensabile registro interno si ammalerebbe di corpo o di mente. Ebbene, quale appoggio a questo registro forniscono le costruzioni « funzionali» di oggidì? Eppure, gli specialisti dei giardini zoologici conoscono benissimo la nozione di « distanza critica », lo spazio peri-corporale che non può essere violato, dato che l'animale non lo sopporterebbe. Naturalmente, la gente sana reagisce meno acutamente che le persone indebolite o già ammalate, ma il bisogno esiste presso chiunque.

Ci si chiede spesso attualmente se le abitazioni devono essere aperte o chiuse. L’alternativa deve essere respinta. Le case devono essere aperte e chiuse nello stesso tempo. Infatti, l’uomo è obbligato di conciliare i suoi bisogni di sicurezza e di libertà, le necessità di limiti e quelle di espansione, in altre parole l’involucro e il bisogno di volar via.

È ragionevole pensare che l’architettura è uno dei riflessi giusti di una civiltà. In essa sono integrate le evoluzioni tecnica, psicologica, sociale e estetica. Ma l’uomo non è soltanto riflettuto dalla sua architettura; in un certo qual modo, è determinato da essa.

Umanismo e urbanistica — Alcune proposte

1. Il vecchio umanismo classico è morto.

Occupa musei, università, manuali, riviste, in altre parole cimiteri culturali. Le stupidità che ricoprono questo involucro si chiamano « scala umana, misura umana, servizio dell’umano ».

Noi dobbiamo invece occuparci di smisura e creare qualcosa che corrisponda all’universo.

2. Questo vecchio umanismo è morto nelle guerre mondiali, sotto l’urto demografico, davanti alla competizione economica e alla tecnica. Non è più neanche un’ideologia, appena un soggetto per discorsi ufficiali.

3. Come se la sua morte corrispondesse a quella dell’uomo, recentemente ci si è lamentati assai.

Attenzione ai libri a successo come «Leparole e le cose » di Michel Foucault, per esempio!

Jean Bossu

servire a questa nuova avventura umana, ma io temo che faccia nascere nuove calamità distruggendo le vecchie!

La natura vista dagli Occidentali è sempre stata qualcosa che esisteva fuori dagli uomini, mentre per gli Orientali gli uomini vi sono sempre stati inclusi.

L’umanismo occidentale avendo messo l’uomo al centro dell'universo ha provocato una segregazione totale fra lui e la natura.

Psicologia dello spazio architetturale

Psichiatra e psicanalista francese, medico degli Ospedali Psichiatrici, è stato medico-direttore dell’ Ospedale di Prémontré, poi di una clinica svizzera. Membro dell’Associazione Psicanalitica Internazionale e di diverse società scientifiche, è professore di psicanalisi a Parigi e Lione, dopo esserlo stato durante vari anni in Svizzera francese, alla Clinica Universitaria del manicomio di Cery/Losanna. Ha pubblicato numerosi lavori e dato varie conferenze sulla psicopatologia moderna, la sociopatologia, la psicoterapia, la cura psicanalitica delle malattie mentali e l'organizzazione degli stabilimenti psichiatrici. Prepara attualmente lavori sugli aspetti contemporanei della psichiatria psicanalitica e studia la realizzazione di un istituto psichiatrico moderno.

Henri Lefebvre

L'Europa ha faticosamente impiegato duemila anni per creare una civiltà splendida, ma accompagnata dalla convinzione che il globo terrestre è stato creato da Dio per servire gli uomini.

Tutte le attività occidentali sono state influenzate da questo assioma.

Si può dire che l'uomo ha potuto creare la presente civiltà industriale controllando la natura e che ora deve preoccuparsi di controllare la civiltà industriale stessa. L’umanismo può forse

Quando Nietzsche annuncia la morte di Dio e quella dell’uomo non si rifugia nel nulla, anzi lo riempie annunciando il « sovrumano ». I nostri autori invece, che fanno soldi con i tesori teorici e poetici del secolo XIX, ci rituffano nel nihilismo.

4. Il vecchio umanismo era l'ideologia della borghesia liberale. Si occupava del popolo e delle sue sofferenze, sosteneva la retorica dei grandi sentimenti e delle coscienze a posto.

5. È verso un nuovo umanismo, una nuova « praxis » che dobbiamo dirigerci. La vita urbana non ha ancora cominciato. Stiamo appena facendo l'inventario di una società millenaria nella quale la campagna ha dominato la città. La crisi della città tradizionale accom-

paglia la crisi della civiltà agraria. Dobbiamo risolverla creando una nuova vita in una nuova città.

6. Quando diciamo « noi » trattasi di una metafora. Nè l’architetto nè il sociologo o l’economista possono creare dal nulla forme nuove di tale importanza. Soltanto la vita sociale, la « praxis », ha questo potere.

7. Occorre urgentemente trasformare il modo di pensare (trasduzione, utopia sperimentale, ecc.).

8. Bisogna distinguere senza dissociarle la struttura, la funzione e la forma, conoscere le loro tecniche ed i loro rapporti reciproci, mai privilegiare l'una di fronte all'altra, ciò che ci farebbe cadere in un’ideologia.

Progetto d’unità sociale

Il progetto d’unità sociale di Jean Bossu è un tentativo di soluzione del problema urbano.

Risponde al doppio imperativo di abitazione cittadina e di riposo-svaghi intensificando l’occupazione di un’asse centrale su 430 metri di sviluppo e offrendo la libera disposizione di 40 ettari di parco agli 8000 abitanti dell'unità.

Alexandre Strigalev

Il centro urbano contiene 800 alloggi ed è articolato in un doppio travelling dove Bossu ha voluto raggruppare su 30 000 ma tutti gli svaghi e ricreare le atmosfere urbane di rioni celebri di Parigi, come il Faubourg St-Honoré, Place des Vosges, ecc. La struttura del travelling ha la forma di un immenso inquadramento, la scelta delle facciate essendo affare degli abitanti. La

rete stradale essendo quasi invisibile, i pedoni possono disporre di una passeggiata di più di 1700 m.

Il progetto di Bossu ha anche tutti i complementi necessari: negozi, amministrazione pubblica, professioni liberali, centro culturale, servizi medico-sociali, scuole materne e elementari, equipaggiamento sportivo, ecc.

contribuire a costruire la felicità umana che tutti gli artisti ne sono influenzati.

Le ricerche più notevoli sono l’opera dei fratelli Vesnine, di Tatiine, Ladovski, Guinsbourg, El Lissitski, Nikolski, Krinski e, naturalmente, Melnikov. Quest’ultimo resta un po' allo scarto dei gruppi e movimenti innumerevoli, non partecipa alle discussioni teoriche, ma studia e

lavora. I suoi progretti sono discussi e talvolta attaccati con violenza, ma non lasciano nessuno indifferente.

Conosciamo il suo credo: «La creazione comincia quando si può affermare che tale cosa è mia...». Non crede alla tesi secondo la quale la forma segue la funzione. Secondo lui, dato che la funzione è fornita nei suoi ultimi dettagli

Costantino Melnikov

Questo architetto sovietico è nato a Mosca nel 1890 e ha ottenuto il suo diploma nel 1917, dopo di aver studiato alta Scuola delle Belle Arti della capitale.

Non appena può lavorare indipendentemente, Melnikov rigetta lo stile detto storico e ricerca un'architettura che esprima la sua epoca. La rivoluzione russa poi solleva un tale desiderio di

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tecnologici, i tecnici usurpano il ruolo dell'architetto lasciandogli soltanto i lavori relativi all'apparenza esterna dell’edificio. Il compito dell’architetto, dice Melnikov, è di capire le esigenze funzionali, poi di ricercare la migliore applicazione possibile della funzione in uno spazio determinato. È proprio questo che tenta di fare con la sua prima realizzazione, il padiglione della regia dei tabacchi all'Esposizione agricola de! 1925, che battezza « Makhorka », ossia « il grosso grigio ». Per esempio, invece di porre la macchina per tagliare le foglie di tabacco orizzontalmente come si era sempre fatto, trova il modo di disporla verticalmente, guadagnando molto spazio.

Ma la sua opera più conosciuta resta il padiglione nazionale sovietico all’Esposizione Universale delle Arti decorative e applicate di Parigi, nel 1925. Possiamo senz’altro affermare che questa opera apre una nuova pagina del libro dell’architettura mondiale delle esposizioni.

Il rettangolo messo a disposizione è costruito interamente, ma una larga scalinata diagonale divide il padiglione in due parti. Una struttura di leggeri riquadri assicura il collegamento: non ha nulla di funzionale, ma vuole simbolizzare l'unità delle repubbliche che costituiscono l’Unione Sovietica. Il padiglione è di legno e vetro, dipinto in rosso con qualche macchia bianca. Tutto è leggero, originale, gaio e contrasta con gli edifici pesanti e stilizzati degli altri paesi.

Un’anno prima, Melnikov aveva disegnato a Mosca un mercato, composto di cellole di legno allineate in denti di sega. La disposizione permetteva un collegamento ottimo con le uscite e con ia direzione del mercato al centro.

I colori ricercavano uno scopo estetico e utilitario contemporaneamente: ogni gruppo di merci aveva il suo colore in modo da facilitare al pubblico la ricerca della cellola corrispondente.

Sempre nel 1925, dunque 25 anni prima della costruzione dell’arena di Raleigh, Melnikov ha l’idea di un garage per 1000 vetture sulla Senna.

Studia un’immensa struttura tridimensionale composta di due gigantesche mensole incrociate, che si sarebbero equilibrate mutualmente.

Melnikov ha un vero affetto per gli assi diagonali che tagliano lo spazio e ne usa con tale maestria che li applica perfino a forme riputate statiche come il cerchio e il cilindro (esempio: progetto per il club Zouiev nel 1927).

I primi disegni per la Casa dell'Architetto sono del 1918. La prima variante suggerisce un piano circolare che non è ordinato secondo i raggi, ma secondo linee oblique, più dinamiche. La seconda è un piano quadrato diviso da una parete a diedro leggermente meno pronunciato che la diagonale.

II centro delle due varianti è un gran camino.

Il progetto realizzato è ripreso dal club Zouiev, ma ridotto a due cilindri invece di cinque.

Pur apprezzando le ricerche spaziali di F.-L. Wright, Melnikov pensa che lo spazio interno non deve essere ad ogni costo continuo.

Roberto Segre

esagerata accordata alla tecnica, la marea di novità che invecchiano molto rapidamente, poiché hanno un carattere più tecnico che architetturale.

«.L’arte dell’architettura combatte per sopravvivere; si sta’ in un certo modo stratificandola e soltanto lo strato superiore, di una beltà abbastanza nauseante è chiamato architettura, tutta l'essenza, tutta la struttura essendo abbandonate all’ingegnere che violentandosi il cervello uccide l’arte.» Sarebbe ingiusto dedurre da questo giudizio acerbo che il suo autore sottostima l'importanza della tecnica d'oggidì. Le sue opere testimoniano del suo senso profondo delle strutture, della sua costante ricerca di nuove formule. Melnikov afferma però che « le strutture architetturali hanno un’anima. Saper farla vivere significa creare un’architettura. ».

Prima di studiare l’architettura, Melnikov aveva finito il ciclo della sezione di pittura nella Scuola delle Belle Arti di Mosca. Pensa oggi che ciò gli fu prezioso. Diventato architetto, ha seguito con interesse e deferenza le ricerche degli artisti del suo paese e dell’estero.

1558 da Bartolomeo Sanchez). Ma questo concetto europeo era « territoriale ». In altre parole, i castelli erano fatti per difendersi contro attacchi venuti da terra. Nei Caraibì invece, i corsari e i filibustieri attaccavano dal mare. Ecco perchè La Avana fu rasa nel 1537 da un pirata francese e incendiata nel 1555 da Jacques de Sores che distrusse anche i forti che la difendevano.

Battista Antonelli, architetto italiano chiamato a Cuba dagli Spagnoli nel 1586, capì che occorreva assolutamente trovare soluzioni originali.

La sua opera fu continuata dal figlio Gianbattista, poi dal nipote Cristobai de Roda. L'idea di Antonelli fu che invece di ostinarsi a costruire forti individuali era necessario creare un vero e proprio sistema difensivo. Cominciò sbarrando la rada della Avana con due fortezze (il Morro e la Punta) che incrociavano il tiro dei loro cannoni e con una catena subacquea. Il forte del Morro non ha più uno schema regolare e simmetrico, ma segue il contorno del promon-

torio roccioso ed è costruito a terrazzi, in modo da ottenere cortine di fuoco successive.

L'ultima batteria, chiamata « / dodici Apostoli » è a livello del mare. Dal lato di terra — dato che occorreva prevedere anche attacchi a rovescio — Antonelli conserva i bastioni massicci, quasi simmetrici, difesi da batterie di cannoni in linea. La Avana fu in tal modo trasformata in una specie di isola nell’isola e le possibilità materiali dei pirati non permisero loro, da quel momento, di conquistarla. La città fu chiamata « Chiave del Nuovo Mondo e baluardo delle Indie Occidentali ». Ricevette nel 1592 da Filippo II il diritto di blasone e il suo stemma era costituito da tre castelli sullo sfondo azzurro del Golfo del Messico e da una chiave.

Il Morro di Santiago di Cuba, la fortezza di San Carlos de la Cabana, ma anche le fortificazioni di Cartagena, San Domingo, Porto Rico, Veracruz ecc. furono disegnate dagli Antonelli o almeno ispirate da essi.

Lista delle illustrazioni Costantino Stepanovitch Melnikov, 1966.

« Il grosso grigio », padiglione della regia dei tabacchi all’Esposizione agricola di Mosca, 1923.

Il mercato del quartiere Novo-Soukharevski, Mosca, 1923.

Padiglione dell'U.R.S.S. all’Esposizione Universale delle arti decorative e applicate di Parigi, progetto, 1925. Facciata, piani del pianterreno e del piano superiore. Taglio, perspettiva.

Garage per 1000 tassì a Parigi, progetto, 1925.

Club Zouiev a Mosca, progetto, 1927.

La Casa dell’Architetto Melnikov a Mosca, 1927-1929, vista generale, piante del pianterreno e dei piani superiori.

Succursale della Pravda di Leningrado, Mosca, progetto, 1923.

Memoriale Cristoforo Colombo a San Domingo, progetto, 1923.

Teatro dei Sindacati moscoviti (MOSPS), progretto, 1931.

Il club della Fabbrica « Caoutchouc », Mosca, 1927.

Il Palazzo della Cultura Masssimo Gorki, Mosca, 1928.

Il club Roussakov, Mosca, 1927.

Idem, facciate e piante.

Il club della Manifattura di porcellana di Doulovo, 1928.

Idem, piante del pianterreno e del piano superiore.

Progetto di città-giardino nella regione di Mosca, 1931, facciata della stazione.

Palazzo dei Sovieti a Mosca, 1931.

Esposizione Melnikov organizzata nel 1933, Quinta Triennale d'Architettura e delle Arti Decorative di Milano.

Le fortificazioni coloniali di Cuba

Lo studio delle costruzioni militari dei secoli passati è d’interesse storico e architetturale, ma non di carattere attuale. Infatti, i mezzi odierni di distruzione hanno reso le fortificazioni superflue, salvo forse in caso di guerre regionali. Un conflitto mondiale riposerebbe oggidì sull’efficacia dei missili nucleari, contro i quali non esistono fortificazioni efficaci. L'unica soluzione per i popoli sarebbe di rifugiarsi sotto terra ritornando così, in certo qual modo, all’epoca delle caverne, ma anche questo rifugio sarebbe probabilmente precario.

Le opere militari dell’isola di Cuba si riferiscono a due periodi. Fino nel 1586, gli Spagnoli tentarono di far fronte alla minaccia dei pirati erigendo forti calcati sul modello del Rinascimento europeo, conformemente agli assiomi rigidi di Francesco Di Giorgio. Trattavasi di costruzioni quadrate, simmetriche, con quattro torri d’angolo e quattro bastioni trapezoidali (Castello della Forza a La Avana, eretto nel 58

Lo spazio totale deve naturalmente essere sensibile in ogni suo punto, ma senza pregiudizio delle comodità presentate dall’isolamento.

« Amo un’estetica naturale creata da uomini ».

Il criterio supremo resta quindi, secondo Melnikov, la concordanza tra l'edificio architetturale e le regole complesse e molteplici della natura.

Nel 1925, Melnikov ottiene il primo premio del concorso per la succursale moscovita della Pravda di Leningrado. Il terreno alquanto esiguo impone la soluzione verticale. Inoltre, l’edificio deve essere originale per ragioni pubblicitarie. L'architetto propone un gruppo di cinque cilindri identici, sovrapposti e vetrati, tutti dotati di un vano-window trapezoidale che si allarga verso l’esterno. I quattro cilindri superiori girano indipendentemente attorno alla scalinata centrale e si fissano sotto qualunque angolo, offrendo quindi combinazioni infinite.

Quest’idea della rotazione è ripresa nel concorso per il Memoriale Cristoforo Colombo di San Domingo (1928). Melnikov immagina due coni rovesciati e riuniti all’apice, fra i quali si trova il sepolcro. Vuole riprodurre così il Vecchio e il Nuovo Mondo collegati dalla scoperta del gran navigatore. L’acqua pluviale è raccolta nella base del cono superiore e delle pale possono dirigerla in una grande turbina che fa girare tutta la costruzione oppure sulle pareti di vetro che proteggono la tomba. Altre pale azionate dal vento fanno girare parte del monumento. Trattasi evidentemente di un concetto cosmico. Gli elementi come il vento e l’acqua fanno in modo che la natura sia integrata all'architettura. La giuria decide che è impossibile premiare un tale progetto, ma fa’ sapere per iscritto che ha sollevato discussioni appassionate.

Fra il 1927 e il 1931, Melnikov riprende l'idea di rotazione o di edificio trasformabile in numerosi progetti, fra i quali quello del Teatro dei Sindacati Operai. Il club Roussakov a Mosca ne è la realizzazione più conosciuta e più discussa.

Il Palazzo della Cultura Massimo Gorki, sala rettangolare di 1000 posti, è diviso da un tramezzo mobile in due locali uguali e nel club della Fabbrica Bourevestnik si trova il processo inverso: la sala può essere accoppiata al ginnasio disposto sullo stesso asse. Sotto i pavimenti amovibili sono previste due piscine.

Il club operaio di Doulevo assomiglia a quello di Roussakov, ma l’architettura ne è comandata dal desiderio di collegamento con il parco.

« Vedere l’architettura nel progetto equivale ad ascoltare la musica nella partitura. Non c'è nessuna differenza, salvo che l’autore di una sinfonia ha l'immenso vantaggio di poter esigere un’esecuzione e di poter così apprezzare correttameyite il proprio lavoro.» Secondo Melnikov, l'architettura mondiale del dopoguerra continua a attingere nell’arsenale delle idee sorte e maturate negli anni venti. La debolezza del periodo attuale è l’importanza

Le fortezze della Avana però, se provarono la loro efficacia contro i pirati, non riuscirono a proteggere la città di fronte all'assalto di eserciti convenzionali. Nel 1762, durante la guerra dei sette anni, una flotta inglese, la più potente vista fino allora nel Nuovo Mondo (200 navi, 8000 marinai e 12 000 soldati)

P.-A. Emery

Vauban, che avevano sostituito la tradizione italiana, costruendo forti supplementrai su tutte le eminenze che circondano la baia. Disgraziatamente, i 60 milioni di dollari che costarono questi bastioni giganteschi furono spesi in pura perdita, dato che l’impero coloniale spagnolo era ormai condannato.

Gonzara il primo castello di tipo gondarino, di cui restano soltanto alcuni ruderi.

Il Padre gesuita Paez edifica dal 1619 al 1621 la sorprendente chiesa di Gorgora, chiamata Maryam Guemb o Castello di Maria, su un promontorio dominante il lago Tana. Lo stile ne è del più puro Rinascimento e i resti importanti che sussistono danno un’idea della sua sontuosa decorazione. L’imperatore Sousneyos si convertì alla religione cattolica in questa chiesa, ma già nel 1632 gli abusi dei missionari provocarono una rivolta che li scacciò insieme con gli ultimi discendenti dei soldati portoghesi.

La leggenda racconta che il primo monumento di Gondar, eletta nuova capitale, fu opera del figlio di Sousneyos. È una villa graziosa, costruita su arco e volte nel mezzo di una vasta piscina, in un parco cinto di mura fortificate.

Qualche chilometro più lungi, lo stesso imperatore avrebbe fatto edificare una roccaforte simile ai castelli portoghesi di Mazagran, nel Marocco.

Attorno ad essa è sorta la città imperiale, cinta da mura con dodici porte.

Durante vari secoli gli imperatori continuarono a costruire in questo stile, insolito per l'Etiopia, dato che il suo aspetto generale resta feudale europeo. Il medico francese François Poncet, inviato dal Re Sole nel 1699 e lo scrittore Jean Doresse hanno parlato in modo entusiasta di queste opere.

Nei tempi del suo splendore Gondar aveva più di 100 000 abitanti, ripartiti in rioni diversi, come quello dei musulmani e quello dei Falacha,

misteriosi ebrei etiopici, alcuni dei quali vivono ancora in un villaggio dei dintorni. L'arcano della costruzione di Gondar non è mai stato interamente dissipato. Si suppone oggidì che alcuni edifici siano anteriori alla partenza dei Portoghesi e che il resto sia stato fatto da meticci portoghesi (taglio delle pietre, calce e volte) assistiti da Levantini (somiglianza con certi palazzi dell'Arabia del Sud), da Indiani e da Egiziani ( varie cupole e torri d'angolo sono identiche a quelle di certe chiese copte e nubiane della vallata del Nilo).

Il castello di Fasilidas (1632-1706) è il monumento più imponente, ma occorre citare anche i palazzi del re Becafa e dell'imperatrice Mentouab, le chiese Guernijabet Maryam ossia Tesoro di Maria e Attatami Gueddons Michael ossia San Michele il Bello. Fuori città, vi sono l’abbazia fortificata di Debra Barhan Sellassié con interessantissime pitture interne e « la tomba del cavallo », curioso monumento isolato, nonché l’abbazia di Gousquam, eretta dall’imperatrice Mentouab, che vi è sepolta.

I monumenti di Gondar hanno resistito a incendi e terremoti. Nel 1867 furono saccheggiati dalle truppe dell'imperatore Theodoros che guerreggiava contro un corpo spedizionario inglese e nel 1888 dai Dervis. I restauri fatti dai soldati italiani del Genio hanno probabilmente salvato alcuni monumenti e ne hanno sfigurati altri.

Da venticinque anni, più nulla si è fatto e possiamo temere che fra qualche decina d'anni Gondar non sia che un ricordo.

I castelli di Gondar

L’interesse degli archeologhi è attualmente diretto verso le civiltà che si sono sviluppate sporadicamente e durante periodi relativemente brevi nell'Africa non islamica. Quella di Gondar, che si trova in Etiopia a qualche chilometro al nord del lago Tana, è appunto una di esse.

I Portoghesi, religiosi e soldati, furono gli artefici del rinascimento politico, economico e artistico dell’impero etiope nei secoli XVI e XVII. L’epoca durante la quale Gondar fu la capitale del paese è stata appunto eccezionalmente brillante e gloriosa.

I monumenti che sono rimasti ci sorprendono causa sia le loro dimensioni sia la ricchezza insolita dell’architettura. Non esiste nulla di di simile nell’Africa non musulmana. I palazzi e i castelli più importanti sono stati restaurati durante l’occupazione italiana, ma in modo troppo occidentale. Attualmente, non passa un anno senza che un muro o un balcone non crolli.

Eppure, l’insieme meriterebbe di essere salvato, se non altro perchè rappresenta un caso assolutamente unico nella storia dell’architettura africana.

Nel 1540 i Portoghesi aiutano gli Abissini a respingere vittoriosamente l’invasione araba capitanata dall’Iman Mohammed Grague, disfatto e ucciso sulle rive del lago Tana, le cui isole erano allora occupate da monasteri copti.

I Portoghesi si fissano in Etiopia e vi attirano qualche missionario. Alla fine del secolo XVI l'imperatore Sartsa Denghel fa costruire a

Darius Borbor

attraversa l'Atlantico e espugna le difese dell'isola dopo 44 giorni d’assedio. Gli Antonelli non potevano prevedere infatti che il perfezionamento delle artiglierie permetterebbe il bombardamento a distanza dalle colline che dominavano il Mono.

Gli Spagnoli applicarono allora i principi di

L’influenza dei giardini persiani sulla decorazione islamica

L’origine dei giardini persiani è assai remota, ma la prima citazione che ne conosciamo è quella di Senofonte, che racconta come Ciro mostrò a Lisandro i giardini di Sardi.

Tutti i giardini tradizionali riposano sul medesimo schema: due viali perpendicolari che dividono la superficie in quattro rettangoli. Da qui il nome di « chahar-bagh » ossia « quattro giardini». L’acqua è importante: il bacino grande o un serbatoio è sempre posto all’intersezione dei due viali. Se vi sono più bacini, sono generalmente collegati fra loro mediante un canale poco profondo coperto da tegole bili o smeraldo. Se il terreno è in declivio, possono essere previste fontane, cascatelle, ecc.

Il clima temperato con piogge frequenti rende inutile l’inaffiamento delle piante, ciò che ha favoreggiato in Europa lo sviluppo di una flora libera. Neipaesi tropicali invece le piante devono essere inaffiate due volte al giorno. Ecco perchè nei giardini persiani gli alberi sono disposti regolarmente in linea retta. L’irrigazione si fa mediante canali poco profondi chiamati «jubes ».

Per rendersi bene conto dell'influenza che i giardini persiani esercitarono sulla decorazione islamica, occorre rammentare che Maometto non era affatto opposto alta riproduzione disegnata o dipinta di forme umane. Lo storico Asraki, morto nell’amo 858, racconta che nella Kaaba, ricostruita da Ouravsh nel 608 della nostra era, esisteva un’immagine di Abramo e un’altra della Vergine con Gesù. Aggiunge che Maometto, inaugurando l’edificio nel 630, ordinò di conservare la pittura di Maria con il Bambino, che restò effettivamente tale e quale fino nel 637, data della distruzione della Kaaba.

Non dimentichiamo inoltre che prima dell'Islam ipopoli nomadi dell’Arabia vivevano sotto tende di pelo di cammello. Un decimo circa degli abitanti disponeva di case fisse, ma costruite in modo rudimentale con argilla e paglia. È quindi poco probabile che i primi arabi musulmani abbiano potuto influenzare la Siria e la Persia

occupate, almeno per quanto concerne l’architettura e la decorazione. Il contrario è invece più credibile ed è d'altronde confermato dal fatto che l'influenza persiana sull’Arabia si esercitò anche nel campo della musica, del canto, della conoscenza di vari strumenti, della scrittura. In quanto ai ritratti, ì Persiani ne facevano, ma raramente, su porcellana, argento e altri metalli. Trattavasi di riproduzioni più simboliche che fedeli. Le regole della scultura quali esistevano in Grecia o a Roma non si sono mai impiantate solidamente in Persia.

I tappeti erano decorati d'immagini umane o animalesche (scene di caccia, per esempio) ed il loro scopo era di dare a un giardino l’aspetto di una tenda o di una camera. Il Museo dell'Arte e dell’Industria di Vienna possiede un tappeto di caccia di seta pura e argento dorato con immagini di cavalli, cavallieri, leoni, lupi, orsi, ecc. Il famoso tappeto della sala d'udienza del re Cosroes, chiamato « Primavera in Paradiso », era probabilmente un tappeto di giardino d’oro e d’argento con migliaia di pietre preziose. Gli Arabi lo tagliarono disgraziatamente a pezzi, che distribuirono ai loro soldati. Il tappeto esposto nel museo Poldi Pezzoli di Milano è interessante perchè data del secolo XVI e contiene qualche albero disegnato in modo realista. Uno dei più belli si trova nel museo di Jaipur in India e fu fatto probabilmente prima del 1632 nei dintorni di Ispahan. Il suo disegno è ispirato certamente dai giardini della città.

Non dimentichiamo che la mobilia di una casa islamica era assai austera: cuscini, ma nè tavoli nè sedie, pareti bianche e qualche finestra con vetri colorati per attenuare la violenza della luce. Il tappeto prendeva dunque un’importanza grandissima e dava appunto l'impressione di un giardino, visto dal piano superiore.

La decorazione floreale fu soltanto sviluppata quando l’Islam proibì la riproduzione d’immagini umane, ma esisteva già prima. I tetti di

tegole policrome hanno la stessa origine. La loro fabbricazione è uno dei primi tentativi conosciuti d’arte industriale.

Abbiamo dimostrato che la sostituzione di decorazioni floreali o policrome ai ritratti non fu soltanto imposta da elementi religiosi. La loro origine principale è che la Persia aveva un clima tipicamente desertico, con estati caldissime, piogge scarse e, inoltre, grandi distanze fra le città. Il piacere psicologico dell’acqua, della verdura, dei fiori e dei colori non deve quindi essere minimizzato. Le parole d'Ibn Juhavr per descrivere la bellezza del tesoro della grande Moschea di Damasco « Era ornato di mosaici policromi belli come un giardino » ne è la conferma lampante.

Il simbolismo e la simmetria della decorazione islamica provengono dal desiderio di un'esecuzione più stretta degli edifici religiosi monumentali. Tale tendenza eliminava il genere di realismo che gli artisti europei tentavano di ottenere dipingendo creature umane fluttuanti sui muri e i soffitti delle cattedrali e delle chiese.

I decoratori persiani erano insomma più accorti nella scelta di un soggetto adattato alle forme architetturali particolari dei loro edifici che, per esempio, Michelangelo con le pitture della Cappella Sistina. Queste pitture infatti non costituiscono una decorazione architetturale.

II loro valore risiede in sè stesse e anche nella vittoria ottenuta dall’artista, ma non presentano una stretta affinità con la struttura dell’edificio.

Possiamo poi aggiungere che l’idea del disegno di un giardino esiste fin dal giorno della Creazione (l'Eden). Nei suoi momenti di estasi, l’uomo ha sempre immaginato meravigliosi giardini. Semplicemente, nella Persia il giardino ha influenzato più che in nessun altro luogo la moda, le arti, gli usi, la filosofia e la religione.

Concludendo, affermeremo che leforze dell’Islam non hanno imposto, per quanto concerne l'architettura e la decorazione, nessuna idea, dato che non ne avevano.

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Francisco da Silva Dias

L’architettura popolare nel Portogallo

Ifattori che permettono all'architetturapopolare portoghese di svilupparsi tuttora sono: — la posizione geografica del paese, separato dall'Europa dai Pirenei e dalla Spagna; — le tradizioni importate dai popoli che hanno successivamente occupato la penisola iberica, da quelli d'origine gernmnica fino agli Arabi; — uno sviluppo economico lento, ancora lontano dall'industrializzazione.

L’architettura popolare è differente fra il nord e il sud del Portogallo. Infatti, la lunghezza del

Michel Ragon

rinchiudere mostre grandiosi dell’arte e dell’industria, ecc. Nel 1835 presentò il suo primo progetto, che influenzò Henri Labrouste nel 1843 per la Biblioteca Sainte Geneviève, considerata come la prima opera dell’architettura metallica mondiale. Hector Horeau ricominciò parecchi anni dopo presentando all’Inghilterra un abbozzo per l'Esposizione Universale e ottenne anche il primo rango su 333 concorrenti. Però, la realizzazione fu affidata all’inglese JosefPaxton, che fece il Crystal Palace, riferendosi in parte al progetto di Horeau, il quale dovette accontentarsi di una medaglia onorifica. Occorre pertanto riconoscere il merito di Paxton, giardiniere diventato architetto, che facendo prefabbricare tuttigli elementi del CrystalPalace, fece passare l’architettura dallo stadio artigianale a quello industriale.

Il record dei progetti non realizzati tenuto da Horeau fu battuto da Le Corbusier, ciascuno lo sa. Quello che si ignora generalmente è che Frank Lloyd Wright ha lasciato alla sua morte 37 progetti, fra i quali gli straordinari abbozzi d'urbanistica per Bagdad e Pittsburgh, il progetto del Club Sportivo di Hollywood con le sue cupole traslucide sospese, quello del Capitole di Phénix (Arizona), quello infine di un grattacielo di 1600 metri.

Possiamo chiederci se la vera storia dell’architettura non è quella di questi progetti rimasti su carta, ma che hanno influenzato assai i realizzatori. Potremmo anche supporre che esistono due architetture: una di ricerche e abbozzi, l'altra di realizzazioni, la seconda non essendo d'altronde che l’eco indebolito della prima.

(questo genere di vizio ha introdotto l’aerodinamica nelle carrozzelle per bambini) e quelli di sensazionale, ricercano le forme dette eccitanti.

Le forme e le strutture sono le conseguenze e non l'origine della vita. Durante il secolo scorso, Bravais ha creato una nuova disciplina, la cristallografia, che ha condotto a quello che chiamiamo « condizioni di equapartizione dello spazio ». Le condizioni matematiche di questa dottrina sono state riassunte da Lord Kelvin, che definendo il tetracaidecaedro ha scoperto le nozioni di funzioni pulsatrici, base dello studio delle vibrazioni.

Alcuni matematici hanno sviluppato la classifica delle curve elastiche, la cui curiosa variazione di forme risulta dal carattere indeterminato del segno radiale. Le applicazioni pratiche di queste forme sono interessanti e ne abbiamo già qualche esempio con certi serbatoi di liquidi.

Il linguaggio matematico e i suoi simboli sono stati e saranno sempre una riserva di forme non ancora sfruttata. Ma fino a che limite l’uomo potrà capire la natura? Come lo ha detto Eddington, non esiste confusione possibile fra gli oggetti naturali e quelli confezionati dall’uomo.

La vita implica delle forme, ma senza réciprocità.

soccorso della scultura — banale e monotona.

La scultura poi, restando fedele alla cultura greco-latina, conservò il suo grembiule di artigiano in un mondo ormai meccanizzato.

Secondo noi, lo scultore dovrebbe avere oggidì una vasta educazione scientifica e artistica. Le

sue opere dovrebbero essere create in collaborazione con un gran numero di specialisti e diventare l'espressione dell’unione fra la scienza e l'estetica, fra l'artista e l’ingegnere. La scultura « Architettura dinamica » di Kasimir Malewitch corrisponde a tale idea.

Introduzione alla nozione di forma

Mentre Monge aveva l'idea di « forme limiti » per corpi a tre dimensioni, C. F. Gauss già considerava la forma come un’entità matematica pura con proprietà intrinseche. Ammettiamo oggidì che le matematiche hanno rivelato un repertorio fantastico di forme diverse.

Ma nel campo delle forme le conoscenze marginali sono pericolose, perchè provocano perversioni. Per esempio, quella del geometra, che pensa in termini di figure rigide, generalmente inefficaci come il sistema di strade perpendicolari di San Francisco. Vi sono poi gli amorosi della forma incurvata tale Le Corbusier

Martin Pinchis

tetturale. Nel sud, per esempio, oltre alfenomeno della città-scultura, la casa dà sulla strada mediante una facciata che delimita nettamente gli spazi «pubblici» (violentamente chiari) e « privati » (scuri). La vita quotidiana è inoltre diretta sul patio, soluzione intermediaria fra l’esterno e l’interno. Nel nord invece, l’architettura è centrifuga: le costruzioni si aprono largamente verso l’esterno e gli spazi intermediari sono delle verande coperte.

Retrospettiva della prospettiva architetturale

La storia dell’architettura presenta una grande somiglianza con una serie assurda di occasioni perdute. Per esempio, nè il teatro totale di Gropius disegnato nel 1927 nè i progetti più audaci di Robert Maillart, Perret, Van de Velde, Le Corbusier, Wright sono stati realizzati.

Nel 1931, Gropius, Mendelsohn e Le Corbusier parteciparono al concorso per il Palazzo dei Sovieti a Mosca, ma il progetto scelto rappresentò ancora una volta il trionfo del conformismo.

In tutti i manuali d'architettura si fa allusione con poche righe a un architetto del secolo XIX, chiamato talvolta abusivamente ingegnere, che non ha praticamente costruito nulla: Hector Horeau. Eppure, fu chiamato il Victor Hugo dell’architettura. Horeau fu l’uomo di un'idea, alla quale consacrò tutta la sua vita: costruire in ferro grandi locali trasparenti capaci di

R. Le Ricolais

rettangolo, che è la forma geografica del paese, provoca due zone climateriche distinte: l’atlantica nel settentrione e la mediterranea nella parte meridionale. Logicamente, la maniera di coltivare il suolo è diversa: i venti dell'Atlantico permettono la policoltura, le piccole proprietà e la dispersione della popolazione, mentre la siccità mediterranea impone la monocoltura, il latifondo, un debole rendimento e il ricorso a mano d’opera salariata, che si raggruppa in borgate. Ecco già una prima differenza archiScultura — Architettura

Il divorzio fra scultura e architettura ebbe luogo all'inizio del secolo, con la democratizzazione dell’architettura, il rifiuto di ogni decorazione, la semplicità delle proporzioni e l'utilizzazione di nuovi materiali. Il risultato fu che l'architettura industrializzata diventò — privata del

ERRATA Malgré le soin apporté à la correction des épreuves, diverses erreurs se sont glissées dans ce numéro et nous prions nos lecteurs de nous en excuser. En particulier relevons: Page Page Page Page Page Page

21. lre col. 2me al. : il s’agit de CE foyer.

21. 2me col. 3me al. 2me ligne: OU SOIT et non en soi.

21. 3me col. 6me ligne SENSATION au lieu de suggestion.

51. Constantin Melnikov est un architecte SOVIÉTIQUE.

106. Il s’agit bien entendu de MARCEL BREUER.

150. Les plans sont ceux du rez et du 1er étage.

Ce volume réalisé sous la direction générale d’Anthony Krafft, a été mis en page par l’atelier Pierre Bataillard, graphiste VSG, Lausanne — Les clichés noirs et couleurs ont été gravés dans les ateliers de Clichés Moser & Cie, à Bienne — Ce volume sort des presses des Imprimeries Réunies S.A. à Lausanne — La reliure a été exécutée par les soins de Mayer & Soutier S.A.

à Lausanne-Renens — La jaquette a été laminée par la maison Karl Meyer & Co, à Lausanne

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